L’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG), anche detta aborto provocato, in Italia è regolamentata dalla legge 194/78 e viene praticata in strutture pubbliche o private accreditate. Il percorso che porta una donna all’IVG può essere misto (certificato medico del ginecologo privato e poi IVG in strutture abilitate), oppure inizia e termina in una struttura pubblica (consultorio familiare e ospedale).
Il percorso nella struttura pubblica è quindi facilitato e agile per la paziente; è anche l’unico nel quale la donna si confronta con delle figure professionali che le possono fornire tutte le informazioni necessarie per prendere una decisione consapevole e responsabile. La legge 194/78 consente l’IVG, in una gravidanza fisiologica, entro i 90 giorni (12 sett. e 6 giorni) e comunque con datazione ecografica. Tecnicamente l’IVG si esegue con il metodo Karman, aspirando il contenuto uterino con una cannula collegata a un aspiratore.
La gravidanza indesiderata è l’esito di un errore della contraccezione o della mancanza di qualsiasi precauzione. Perciò una doverosa preoccupazione dei ginecologi è quella di sensibilizzare la donna all’uso di un contraccettivo maggiore (con un alto indice di Pearl = alta efficacia) per evitare altre IVG. In alcuni casi i colleghi propongono alla paziente di introdurre in corso dell’intervento l’inserimento di uno IUD (spirale al rame). Personalmente ritengo tale pratica sia assolutamente da evitare. Il motivo più semplice è che lo IUD viene introdotto in un utero di dimensioni maggiori (fino a pochi minuti prima era gravido) rispetto alla media degli uteri e ciò espone la donna alla possibilità che si dislochi in basso lasciando una porzione del fondo uterino non protetto dalla possibile gravidanza; solo una ecografia permetterà la diagnosi e comunque imporrà alla paziente di rimuovere lo IUD inducendo una perdita di fiducia della donna nei confronti dello stesso contraccettivo.
Il secondo, e più importante, motivo per cui ritengo l’inserimento dello IUD in corso di IVG una pratica da non consigliare si basa sull’alterazione del processo riparativo endometriale indotta dalla spirale. L’IVG è avvertita dal utero, per come un atto traumatico (equivalente a un pugno su un occhio) e quindi si innesca un processo infiammatorio riparativo che deve seguire una sequenza di eventi. D’altra parte, il meccanismo d’azione più importante dello IUD è la flogosi asettica endometriale che lo rende inadeguato all’impianto dello zigote. Quindi se in un organo cavo traumatizzato inseriamo un corpo estraneo che induce una infiammazione asettica il percorso riperativo avviene viene completamente alterato, instaurando flogosi subcroniche con vasculite endometriale che provocheranno sanguinamenti irregolari e possono perdurare anche parecchi mesi e fastidiose sindrome dolorosa che imporranno al chimico di estrarre la spirale.
Concludendo, personalmente, ritengo che la fase riparativa dell’endometrio debba essere rispettata e l’inserimento di una spirale vada differita alla prima mestruazione di ritorno dopo l’intervento.
Impariamo a rispettare il corpo umano.
Per una consulenza successiva ad una interruzione volontaria di gravidanza, mettiti in contatto con il mio studio di ginecologia a Roma.