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Settembre 14, 2018

Virus del papilloma umano (HPV)

L’HPV è una causa certa di cancro del collo dell’utero. Le donne con HPV test positivo non vivono tale situazione con serenità, anche se sono informate di tutte le possibilità di trattamento che la Medicina Accademica mette loro a disposizione.

Le ricerche di Harald zur Hausen sul ruolo del Virus del papilloma umano (HPV) come causa del cancro del collo dell’utero gli hanno valso il premio Nobel per la medicina nel 2008. L’HPV (Human Papilloma Virus) è il primo virus a essere riconosciuto come causa certa di cancro, e precisamente  del collo dell’utero. Esistono 100 sierotipi di HPV, classificati in base alle affinità del DNA; l’unica classificazione che interessa i ginecologi clinici è quella che li distingue in HPV ad alto rischio di far sviluppare un cancro della portio e in HPV a basso rischio. I sierotipi responsabili di circa il 70% dei cancri della portio sono il 16 e il 18, per i restanti casi hanno molta importanza il 31, il 33, il 45, il 52. Il primo evento che necessario per far iniziare la sequenza che, eventualmente dopo molti anni  in una piccolissima percentuale di donne porterà al cancro della cervice uterina, è l’ingresso di un HPV ad alto rischio in una zona “traumatizzata” della mucosa del collo dell’utero. Il secondo evento è la persistenza dell’infezione, ossia il virus deve permanere per molto tempo nella mucosa della porzio. Gli studi dimostrano che, il 60% degli HPV test positivi, dopo un anno si negativizzeranno. Il terzo evento è l’integrazione del DNA virale con quello della cellula squamosa, ciò avviene per l’espressione della proteina E6 che si lega al gene p53 e interferisce con la riparazione del DNA e l’innesco della apoptosi e della proteina E7 che legandosi alla proteina del retinoblastoma impedisce il blocco del ciclo cellulare. A questo punto tutto è pronto per far diventare una cellula squamosa del collo dell’utero una cellula con potenzialità neoplastica; ciò accadrà se il Sistema Immunitario (SI) della donna non è stato competente nella difesa verso i virus, e purtroppo le linee cellulari- impegnate nella protezione verso i virus sono le stesse che proteggono dalle cellule neoplastiche.

 

Dopo l’integrazione del DNA dell’HPV in quello della cellula a livello istologico avverranno una serie di alterazioni (L-SIL, H-SIL che comprende il CIN2 e CIN3) che potranno portare a un cancro invasivo del collo dell’utero; tutti questi passaggi, se accadranno, giacché per ogni passaggio ci sono percentuali di regressione, necessitano di svariati anni. Il compito della prevenzione (I livello pap-test; 2 livello: HPV test, colposcopia, biopsia) è quello di intercettare la patologia in fase preneoplastica o in situ e quindi curabile nel 100% dei casi. L’HPV test consente di identificare nei tessuti cervicali la presenza del virus ad alto rischio. Se il test è positivo e non c’è patologia (pap test normale, colposcopia normale) la Medicina Accademica consiglia controlli ravvicinati e osservazione nel tempo; una condizione che va guardata con molta attenzione è quella delle pazienti trattate per patologia pre-neoplastica o in situ nelle quali persiste la positività dell’HPV test, dato che il SI ha dato prova di essere non efficiente. Questo comportamento della MA è dovuto dalla mancanza di possibilità terapeutiche mediche che possano intervenire sul SI e sull’organismo della paziente per consentire l’eliminazione del HPV. Le donne con HPV test positivo, specialmente se già trattate, sapendo di essere portatrici di un virus certamente oncogeno, anche se con controlli negativi, non possono vivere tale situazione con serenità.